giovedì 9 dicembre 2010

Antonio Pavolini - Il futuro di quella che chiamavamo, semplicemente, televisione

Nessun tema come "il futuro della TV" ha visto accavallarsi, negli anni, le opinioni delle figure professionali più disparate. Tutti hanno una idea, più o meno "informata", su dove andrà a parare "la televisione" (perchè ancora viene chiamata così): tecnologi, futurologi, massmediologi, socio-antropologi, attori, autori, conduttori televisivi, produttori di hardware, pubblicitari. Il problema di fondo è che per "televisione" ognuno intende una cosa diversa, quindi tutti possono parlare di tutto: dei "canali", dei "programmi", dei "televisori" in una grande rosticceria delle opinioni in cui ricorrono, puntualmente, alcuni miti come "il digitale", "l'interattività" e persino "le tre dimensioni".

Per quello che è il mio lavoro, penso di potermi collocare al di fuori da questo dibattito, perchè le domande che mi vengono normalmente poste prescindono da questi diversi approcci, e richiedono una risposta molto laica: "ci sono soldi nella 'nuova televisione'? se sì, quando arrivano? e dove saranno?". Bene, nel 2011 la risposta è molto semplice: soldi nella "nuova tv" - quella per intenderci che porta l'infinita ricchezza di contenuti del Web sullo schermo del salotto, superando le catene di distribuzione e i modelli di business attuali - non ce ne sono. Lo dicono i report e le previsioni dei principali analisti, e non v'è motivo di dubitarne.

Ma questa risposta apparentemente lapidaria nasconde varie sfumature. Intanto, anche se soldi a breve non se ne vedranno, in questa partita è opportuno che inizino a investire seriamente (e vedremo poi il perchè) i vari attori in gioco:
  • i broadcasters tradizionali, spinti dalla necessità di rispondere ai nuovi trend di fruizione degli utenti, anche per diversificare la loro offerta
  • i produttori di elettronica di consumo, per i quali la "net-enabled tv" rappresenta una notevole leva commerciale
  • gli operatori Over The Top-TV, che sono i principali portatori della nuova cultura di fruizione, e della potenzialmente infinita diversificazione dei contenuti
  • gli operatori di telecomunicazioni, che possono mettere in campo alcuni asset preziosi e difficilmente duplicabili per la distribuzione e la monetizzazione di questi nuovi contenuti
Nel 2011 una fascia finalmente significativa di utenti, non necessariamente per loro scelta, ma perchè si ritroveranno questi nuovi contenuti, in un modo o nell'altro, sulla TV di casa, avranno un primo impatto con questa nuova esperienza televisiva, che non solo moltiplica a dismisura i contenuti (YouTube sulla TV, solo per citare l'applicazione più popolare, sarà dato per scontato) ma ne permette una fruizione nel rispetto dei tempi e delle modalità decise dal fruitore.

Nel frattempo la tv tradizionale, lineare e vincolata dai palinsesti, non morirà affatto, ma dovrà iniziare a ragionare sul proprio ruolo "a tendere", che potrebbe essere quello di concentrarsi sugli eventi televisivi "aggreganti", vale a dire quelli che sono fruiti in modo condiviso e simultaneo, sia offline - ossia nell'ambiente domestico - sia online - ossia commentati in rete in tempo reale.

Nel nuovo ecosistema televisivo "Net-enabled", invece, diventando i contenuti una risorsa infinita, sarà l'attenzione la vera risorsa scarsa sulla quale si concentrerà l'acme della battaglia. E a quel punto leve come la qualità dell'immagine, la continuità del servizio e l'efficacia della User Experience attraverso i vari device saranno punti di vantaggio per chi saprà garantirli.

Inoltre sarà fondamentale saper cavalcare i trend di fruizione: non solo il passaggio dalla visione "Lean Forward" tipica del computer al "Lean Back" governato dal divano, ma anche l'importanza della leva della condivisione con gli amici: le persone non solo amano segnalare i contenuti più interessanti alla loro cerchia di conoscenza, ma amano anche fruire qualcosa di segnalato da un loro amico, che poi diventa un ulteriore argomento di conversazione e quindi di socialità.

Il mito della potenza dei motori di ricerca in questo ambito si sta rapidamente sgretolando. E non solo perchè tali motori di ricerca richiedono una continua interazione, nemica della fruizione rilassata. Ma soprattutto perchè nulla come la capacità di selezionare nell'"internet sea", tipica di una vera e propria redazione centralizzata (si veda a tal proposito il successo degli "staff picks" di Vimeo) o decentrata (le raccomandazioni dei friends) può davvero andare incontro ai nostri interessi: sapere cosa è il "Meglio per Tutti", il "Meglio per un certo tipo di persone", e infine cosa è "Meglio per Me". Il piacere, dunque, di imbattersi in questa personalizzazione spinta, finendo sorpresi dall'intelligenza dell'applicazione. Proprio come già accade - con profitto - nel mondo della musica grazie a servizi come Last.Fm, che imparano dai nostri "like" e dai nostri "skip".

Ma torniamo alla domanda iniziale: perchè, dato che i soldi nel 2011, e per qualche altro anno ancora, in questa nuova TV non ci sono, gli attori sopra menzionati dovrebbero compiere seri investimenti nell'assecondare questi trend e fornire fin da subito la migliore esperienza utente possibile? La risposta è semplice: perchè come molti altri "internet businesses" anche quello della Web TV sullo schermo del salotto potrebbe rivelarsi una di quelle killer application in cui c'è un solo vincitore. Qualcuno come Google in grado di monetizzare subito nel modo pià semplice (con AdSense, per esempio). Oppure un produttore Hardware come Apple capace di ritagliare un pezzo dell'"Internet Sea", e precisamente quello che non crea problemi d'uso per l'utente finale (Apple TV). Oppure un soggetto "Over The Top" integrale come Blip.tv, libero di riaggregare tutto ciò che è presente in rete facendo leva sulla creatività distribuita dei content owner indipendenti spinta alle estreme conseguenze, e pronto a remunerarla con servizi intelligenti di piattaforma. O magari un Telco, che a un certo punto potrebbe essere l'unico in grado di far funzionare tutto quanto, specie se l'esplosione del traffico video dovesse far emergere tutti i problemi tecnologici del caso.

Se solo uno vince, potrebbe essere non necessariamente perchè ha azzeccato la strategia definitiva, ma magari semplicemente perchè è stato in grado per primo di offrire sui due lati (utenti finali e content provider) una proposizione di valore sostenibile. A quel punto a questo soggetto sarebbe sufficiente occupare il centro del nuovo ecosistema e dettare le regole per tutte le altre parti in causa, e precisamente le regole che sono profittevoli soprattutto per lui. La chiave è superare il "Tipping Point", la massa critica di non ritorno. E' già successo: con iTunes, con Skype, e persino con alcuni standard del passato, non necessariamente i migliori su piazza (si pensi al VHS). E potrebbe succedere ancora.

[immagine di Isola Virtuale]

2 commenti:

  1. Se il suo post fosse cominciato dal secondo paragrafo lo avrei davvero apprezzato. Mi permetto di sottolineare una certa confusione sul tema della televisione. Uno schermo non è una televisione. Se ci sono tante opinioni su quale sarà il futuro della post-tv, uso questo termine per comodità, c'è un motivo. Capisco il suo punto di vista, ma non si riduce il più grande fenomeno socio-culturale di massa, e non solo, di tutto il '900 al lato tecnologico, anche perchè gli scenari che si prospettano sono tutto meno che televisione. Lo Schermo è l'unico poli-medium che uscirà dalla selezione che il mediascape sta vivendo. La televisione nella sua accezione di fenomeno e non di apparato tecnologico, è morta. Concordo con lei nel dire che i broadcaster tradizionali non spariranno, ma neanche le diligenze sono morte subito dopo l'introduzione del treno nel vecchio west. Quello che succederà dopo è in divenire e tutto da capire, ma già commentare un programma in tempo reale su twitter è già qualcosa di diverso. La tv tradizionale è palinsesto, è emittenza e audience, con l'unico potere dello zapping. Molto poco nell'era digitale. Lo dimostra la fuga che c'è stata negli ultimi 15 anni. In Italia oggi si brinda se si arriva a 5 milioni per una serata, una volta era un risultato mediocre. Si diceva che il web avrebbe cambiato la tv, in realtà l'ha uccisa, come la stampa di Gutenberg ha ucciso la lobby degli amanuensi. Da qui ragioneremo se Google o Apple tv, se web tv o nuovo setup box, ma muoviamoci da un assunto chiave: la televisione è morta perché è morto il paradigma della società di massa per la trasformazione della società del frammento o della rete. Questo fa una differenza profonda prima di ogni discorso di investimento e tecnologia da usare.
    Saluti
    Simone Corami

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  2. il problema è che invece io sono d'accordo su tutto quello che hai scritto, simone. (ehi, diamoci del tu, eh!) - non capisco cosa ci sia di tanto sconvolgente nel primo paragrafo del mio post :)
    a

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