mercoledì 29 dicembre 2010

Susanna Legrenzi - The Soma Age


Il passaggio dei Dieci? Dalla prospettiva  “ombelicale” di chi scrive ha più o meno coinciso con la conclusione di una lunga, esclusiva parentesi professionale nella carta stampata e il desiderio di "fare" altro. Il mondo corre verso altre direzioni, sbiadiscono i sogni dei vent’anni, frantumate le utopie, resta il sapore dolce/amaro di una sorta di allucinogeno. Quel genio (belga e) folle di Carsten Holler, c/o Hamburger Bahnhof di Berlino proprio sul volgere dell’anno, l’ha chiamato Soma. Soma è la leggendaria bevanda dei nomadi Vedici che, nel secondo millennio a C, migrano dalla Siberia all’India. Se ragionassimo per visioni potremmo immaginare Soma Vs Rete. La migrazione è ancora in atto e i contorni, tra Nord e Sud del Mondo, punti di partenza e approdi, non sono meglio definiti. Holler ha chiuso in un recinto un numero x di renne; noi, che usufruiamo sempre meno dell'esperienza retinica diretta, alla fine un po' gli assomigliamo, stretti tra il mondo e un “riassunto del” che qualcuno continua a fare per noi. Visto in questa chiave, il Digital divide non è solo un’urgenza socio-culturale o una questione di sopravvivenza professionale che (ci) obbliga a riparametrare obiettivi e aspettative senza avere orizzonti certi. Digital Divide è quasi una “stanza di compensazione”. I nativi digitali hanno un’altra età (anagrafica) e una costruzione completamente diversa dei “saperi”: la metrica da verticale è diventata orizzontale, etc etc... Non occorrono i numeri del sorpasso dei social Vs www, basta l’osservatorio privilegiato di una docenza post-liceale per scoprire che la Internet non è la Babele di informazioni che speravamo ma un grande bar-sport dove - se prima non impari a cercare Dickens negli scaffali di casa (o della biblioteca di quartiere) - non troverai mai nulla (di buono?) per il semplice fatto che non vuoi (sai) cercare. Meglio, peggio, chissà? Se ieri la sete di conoscenza rispondeva a un unico motore - la domanda di curiosità (+ salvifica cultura del dubbio) - oggi c’è Google con tutta la sua potenza muscolare ma mancano, forse, nuove keywords per esplorare il presente e interrogare il futuro. Siamo tutti (dove il tutti sta per noi-40enni-più-1-meno-1) cresciuti credendo che il mondo avesse pochi confini, fosse globale, raggiungibile in un clic. Era ed è vero. O forse no. Nell'Italia della rete lenta e per pochi - in attesa che diventi per tutti - nella stagione di passaggio tra i Dieci e il Venti, se apri una srl, senza aver vinto un win-for-life o incantato un incubatore generoso, scopri facilmente che la grande crisi della finanza internazionale impone di pensare con scale prossime al chilometro zero ed economie da homo faber che mirano all'(auto)sussistenza. Il 2011? Non credo porterà chiarezza. Semmai aggiungerà complessità. Lo scenario è approssimativo come approssimativo è il mondo. La rete né in qualche modo uno specchio distonico dove alto/basso, vero/verosimile convivono, a volte confondendosi. Se torno a pensare in termini d’informazione, il “Soma” del momento è una sorta di paradosso. C’era una volta il giornalismo; poi è arrivata la pubblicità e con la pubblicità il marketing... L’universo dell'open source al momento non sostituisce in termini di redditività né l’una, né l’altro. Non so se i giornali di carta sopravviveranno. La questione - trascurando il piacere personale dello sfoglio - mi appassiona poco. Non mi interessa il media, mi interessano processo, metodo e contenuti. La carta li ha sempre (più o meno) remunerati, il web per ora è solo una promessa. In questa prospettiva, Citizien journalism sarà journalism solo quando produrrà reddito per chi lo pratica. E le recenti diatribe all'HuffPo sembrano confermarlo. Se procedessimo ancora per paradossi per un Assange che dovrà scrivere un’autobiografia per “sostenere” Wikileaks (cause connesse a...) c’era un Buzzati che scriveva di Deserti e Tartari con un editore che pensava al resto. Certo, altri tempi, altro secolo... L’allucinogeno non ha ancora esaurito il suo effetto. Affidare l’informazione allo logica di una rete affidata agli asdsense e alla micro-parcellizazione della professione non credo porterà comunque lontani. Dalla Siberia all'India, il viaggio è lungo. Nel mio piccolo, per ora ho solo deciso di mettermi in marcia. Il resto, come si diceva una volta, è un grande boh. La sfida (forse) è imparare a conviverci.

Susanna Legrenzi vive e lavora a Milano. Giornalista professionista, 42 anni, laurea in legge, negli ultimi 13 anni ha lavorato a Io donna/Corriere delle Sera come caporedattore arte e design. Da circa 18 mesi è free lance per scelta. Quando non scrive per la carta stampata, cura big ben zine, insegna in Naba a Milano, organizza mostre di design, segue jpeggy, si fa molte domande (dandosi poche risposte certe).

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