venerdì 31 dicembre 2010

Paolo Iabichino - Il futuro è tornato

Io lavoro con le parole, mi occupo di pubblicità e sono spesso chiamato a intravedere scenari prossimi e venturi per quanto riguarda un mestiere vieppiù sotto scacco, che molti si ostinano a vedere in via di estinzione. Ma non è il futuro dell'advertising che m'interessa adesso.

Non credo di sapere quale sarà il nuovo media eletto a panacea di tutti i mali. Non ho certezze da esibire e non credo che il mio Invertising possa aiutare in questa circostanza...

Mi piace invece che si torni a parlare di futuro. Quando mi hanno invitato a scrivere per questa iniziativa ho apprezzato che qualcuno ricominciasse a interrogarsi sul domani, perché, senza che ce ne accorgessimo, ce l'hanno scippato silenziosamente. Fino a qualche tempo fa il domani aveva il fascino dell'accadimento, il carisma dell'ignoto. Poi sono arrivati i futurologi, i guru, la cultura digitale che ha accelerato il corso della storia, avvicinandoci repentinamente a tutto quello che incontravamo sui libri di fantascienza o di fantapolitica...

E abbiamo come abdicato a quella splendida desinenza che evoca l'immaginazione. Dov'è finita la letteratura fantascientifica? Chi si ricorda l'ultima volta che ha provato a immaginare il futuro? Perché l'innovazione è finita dentro un Ministero, invece che restare nei paraggi della creatività? Perché le nuove idee si chiamano start up e nessuno ha più il coraggio di veder fallire un'intuizione?

Questo blog mi riconcilia con l'immaginazione, perché leggo autorevoli autori - scusate il bisticcio, ma è cosa rara inciampare su combinazioni di parole così felici - cimentarsi con riflessioni che spostano in avanti di settimane e mesi i propri orizzonti, interrogandosi sugli avvenimenti usando i verbi al futuro e al condizionale.

Il titolo di questo post è preso a prestito dalla campagna a cui sto lavorando in queste ore insieme all'amico Riccardo Luna, direttore di Wired Italia. Lui sta curando una mostra sul futuro che durerà 9 mesi, a Torino, a partire da Marzo 2011. Come può una mostra sul futuro durare nove mesi? Sembra un ossimoro, una contraddizione in termini, eppure è questo che la rende così affascinante e che mi ha fatto scrivere "Il futuro è tornato".

Perché c'è un'intenzione che non è solo culturale, ma è finalmente politica. A riappropriarsi delle tante storie di chi sta provando a ricucire questo Paese. 150 idee, progetti e visioni, come gli anni che nel 2011 celebreranno l'Unità di quest'Italia, appunto, da ricucire. Per chi ancora crede che la politica non sia solo quel rito mefitico che si consuma nei palazzi del governo, ma sia qualcosa di quotidiano che appartiene a ciascuno di noi e che senta forte l'urgenza di interrogarsi sul futuro, anziché ripiegarsi solo e soltanto sul presente.

Il futuro è tornato significa tornare a immaginare il domani di tutti ed essere costretti inesorabilmente a volerlo migliore del nostro presente. Proiettarsi in avanti vuol dire occuparsi del proprio metro quadrato, come disse Marco Paolini in uno splendido monologo dall'Ilva di Taranto, per fare un po' di "manutenzione". Senza occuparsi dei macroscenari planetari, ciascuno nel suo piccolo, migliorando il suo quotidiano a beneficio del futuro di tutti.

Il futuro è tornato mi sembra la migliore visione per fotografare gli scenari digitali del prossimo anno, perché vuol dire salutare di nuovo la fantasia, l'immaginazione e la creatività che ci servono per affrontare i giorni che verranno. Fuori e dentro la Rete.

Paolo Iabichino

Nato nel 1969, è direttore creativo in Ogilvy. 
Docente di un master post laurea di advertising presso la Scuola Politecnica di Design
Paolo Iabichino è anche collaboratore di Nòva24 de Il Sole 24 Ore e autore di Invertising, 
un saggio che analizza le trasformazioni in atto nel mondo dell’advertising.

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