lunedì 3 gennaio 2011
Giorgio Jannis - Social personal
Massimo Melica - In the Beginning was the Command Line
Nel 1999 Neal Stephenson, scrittore di libri di fantascienza ed esperto di tecnologie, ha pubblicato negli Stati Uniti il saggio dal titolo “In the Beginning was the Command Line”, un libro interessante, purtroppo mai tradotto in Italia, nel quale ha riassunto la storia dell’informatica così detta per tutti.
Il periodo focalizzato da Stephenson è quello degli anni settanta, periodo in cui tali Steve Jobs e Steve Wozniak fondarono Apple con l’intento di produrre e vendere computer alle famiglie mentre, Bill Gates e Paul Allen, si spinsero anche più in là, con l’idea di creare Microsoft per vendere "sistemi operativi".
In quegli anni assistiamo ad azioni pioneristiche in cui creatività e innovazione sono mirate – più o meno consapevolmente – sia a gestire qualcosa di intangibile ciò una serie di “zero e uno” scritti su un supporto magnetico sia a commercializzare hardware e software: elementi alla base della digital economy.
Questo è lo scenario, non più vecchio di quarant’anni, appare primordiale agli occhi del fruitore delle odierne applicazioni multifunzionali rese attraverso un device dalle dimensioni ridotte e dal peso esiguo.
Lo spunto di Stephenson mi aiuta a riflettere, per analogismo, su ciò che oggi costituisce l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione e sulle ripercussioni sociali che delineeranno gli scenari futuri.
La Storia dimostra che i diritti si evolvono regolando le condotte sociali, l’economie si modificano sulla base dei mercati, gli Uomini mutano le comunicazioni innescando nuove strategie.
A questo punto Internet, se pur con la sua imprevedibilità, può essere inquadrato come una tecnologia convergente, neutrale, democratica o meglio uno strumento con il quale, attraverso protocolli e standard condivisi, si possono enucleare servizi pubblici e privati come: social network, televisione, cinema, produttività e informazione o semplicemente veicolare qualunque dato di interesse tra due soggetti.
La governance delle attività politiche che porteranno a regolare l’accesso alla Rete e le condotte in Internet, quindi i diritti sottesi, è la sfida che caratterizzerà i prossimi anni nonché la tavolozza con la quale si coloreranno i futuri “scenari digitali”.
La libertà di accesso alla Rete, le libertà e i doveri di cosa o non cosa veicolare non possono essere mediati dal diritto preesistente, occorre analizzare e studiare nuovi dettami normativi che siano – auspicabilmente - condivisi tra gli Stati democratici.
In questo processo siamo tutti chiamati a collaborare, prestando particolare attenzione affinchè la Rete si sviluppi mantenendo quello spirito partecipativo e di condivisione della conoscenza racchiuso nella sua genesi.
Personalmente, forse perché influenzato dall’esperienza professionale, credo che sia demagogico ritenere che Internet debba essere un luogo esente da qualsiasi regolamentazione in quanto non consideriamo l’assunto che: “internet è per tutti, ma non tutti sono per internet” e pertanto occorre, in assenza di un uso responsabile e consapevole, arginare fenomeni criminali.
Il corretto bilanciamento tra libertà e doveri in Internet è la sfida che deve essere necessariamente vinta al fine di garantire la libertà e il futuro culturale delle prossime generazioni, ricordando che il moderno Big Bang “fu, in principio,una linea di comando” con pochi bit ma tanta creatività e innovazione.
domenica 2 gennaio 2011
Davide Bennato - Le relazioni sociali come metadati dei social network
I social network hanno rafforzato la propria posizione, l’integrazione col mobile si è quasi completamente realizzata, la fruizione di contenuti tramite app di iPhone e iPad dimostra che un nuovo format editoriale è possibile (con buona pace di chi sanciva la morte di internet).
Similia cum similibus, ricordano gli antichi proverbi.
La cosa interessante è che le basi su cui costruiremo un contatto sociale – di qualunque natura esso sia (collega, amico, amante, conoscente) – saranno sempre più simboliche e sempre meno relazionali. Questo è un paradosso perché siamo sempre stati abituati al contrario: prima si comincia una conversazione generica con uno sconosciuto su un treno, poi si notano punti in comune e solo dopo ci si scambia i contatti per mantenere un rapporto. Nei social network potrebbe avvenire esattamente l’opposto: prima si notano i punti in comune – letture, passioni, interessi – e poi si decide di instaurare un rapporto.
venerdì 31 dicembre 2010
Paolo Iabichino - Il futuro è tornato
Non credo di sapere quale sarà il nuovo media eletto a panacea di tutti i mali. Non ho certezze da esibire e non credo che il mio Invertising possa aiutare in questa circostanza...
Mi piace invece che si torni a parlare di futuro. Quando mi hanno invitato a scrivere per questa iniziativa ho apprezzato che qualcuno ricominciasse a interrogarsi sul domani, perché, senza che ce ne accorgessimo, ce l'hanno scippato silenziosamente. Fino a qualche tempo fa il domani aveva il fascino dell'accadimento, il carisma dell'ignoto. Poi sono arrivati i futurologi, i guru, la cultura digitale che ha accelerato il corso della storia, avvicinandoci repentinamente a tutto quello che incontravamo sui libri di fantascienza o di fantapolitica...
E abbiamo come abdicato a quella splendida desinenza che evoca l'immaginazione. Dov'è finita la letteratura fantascientifica? Chi si ricorda l'ultima volta che ha provato a immaginare il futuro? Perché l'innovazione è finita dentro un Ministero, invece che restare nei paraggi della creatività? Perché le nuove idee si chiamano start up e nessuno ha più il coraggio di veder fallire un'intuizione?
Questo blog mi riconcilia con l'immaginazione, perché leggo autorevoli autori - scusate il bisticcio, ma è cosa rara inciampare su combinazioni di parole così felici - cimentarsi con riflessioni che spostano in avanti di settimane e mesi i propri orizzonti, interrogandosi sugli avvenimenti usando i verbi al futuro e al condizionale.
Il titolo di questo post è preso a prestito dalla campagna a cui sto lavorando in queste ore insieme all'amico Riccardo Luna, direttore di Wired Italia. Lui sta curando una mostra sul futuro che durerà 9 mesi, a Torino, a partire da Marzo 2011. Come può una mostra sul futuro durare nove mesi? Sembra un ossimoro, una contraddizione in termini, eppure è questo che la rende così affascinante e che mi ha fatto scrivere "Il futuro è tornato".
Perché c'è un'intenzione che non è solo culturale, ma è finalmente politica. A riappropriarsi delle tante storie di chi sta provando a ricucire questo Paese. 150 idee, progetti e visioni, come gli anni che nel 2011 celebreranno l'Unità di quest'Italia, appunto, da ricucire. Per chi ancora crede che la politica non sia solo quel rito mefitico che si consuma nei palazzi del governo, ma sia qualcosa di quotidiano che appartiene a ciascuno di noi e che senta forte l'urgenza di interrogarsi sul futuro, anziché ripiegarsi solo e soltanto sul presente.
Il futuro è tornato significa tornare a immaginare il domani di tutti ed essere costretti inesorabilmente a volerlo migliore del nostro presente. Proiettarsi in avanti vuol dire occuparsi del proprio metro quadrato, come disse Marco Paolini in uno splendido monologo dall'Ilva di Taranto, per fare un po' di "manutenzione". Senza occuparsi dei macroscenari planetari, ciascuno nel suo piccolo, migliorando il suo quotidiano a beneficio del futuro di tutti.
Il futuro è tornato mi sembra la migliore visione per fotografare gli scenari digitali del prossimo anno, perché vuol dire salutare di nuovo la fantasia, l'immaginazione e la creatività che ci servono per affrontare i giorni che verranno. Fuori e dentro la Rete.
Paolo Iabichino
Nato nel 1969, è direttore creativo in Ogilvy.
Docente di un master post laurea di advertising presso la Scuola Politecnica di Design,
Paolo Iabichino è anche collaboratore di Nòva24 de Il Sole 24 Ore e autore di Invertising,
un saggio che analizza le trasformazioni in atto nel mondo dell’advertising.
mercoledì 29 dicembre 2010
Susanna Legrenzi - The Soma Age
Il passaggio dei Dieci? Dalla prospettiva “ombelicale” di chi scrive ha più o meno coinciso con la conclusione di una lunga, esclusiva parentesi professionale nella carta stampata e il desiderio di "fare" altro. Il mondo corre verso altre direzioni, sbiadiscono i sogni dei vent’anni, frantumate le utopie, resta il sapore dolce/amaro di una sorta di allucinogeno. Quel genio (belga e) folle di Carsten Holler, c/o Hamburger Bahnhof di Berlino proprio sul volgere dell’anno, l’ha chiamato Soma. Soma è la leggendaria bevanda dei nomadi Vedici che, nel secondo millennio a C, migrano dalla Siberia all’India. Se ragionassimo per visioni potremmo immaginare Soma Vs Rete. La migrazione è ancora in atto e i contorni, tra Nord e Sud del Mondo, punti di partenza e approdi, non sono meglio definiti. Holler ha chiuso in un recinto un numero x di renne; noi, che usufruiamo sempre meno dell'esperienza retinica diretta, alla fine un po' gli assomigliamo, stretti tra il mondo e un “riassunto del” che qualcuno continua a fare per noi. Visto in questa chiave, il Digital divide non è solo un’urgenza socio-culturale o una questione di sopravvivenza professionale che (ci) obbliga a riparametrare obiettivi e aspettative senza avere orizzonti certi. Digital Divide è quasi una “stanza di compensazione”. I nativi digitali hanno un’altra età (anagrafica) e una costruzione completamente diversa dei “saperi”: la metrica da verticale è diventata orizzontale, etc etc... Non occorrono i numeri del sorpasso dei social Vs www, basta l’osservatorio privilegiato di una docenza post-liceale per scoprire che la Internet non è la Babele di informazioni che speravamo ma un grande bar-sport dove - se prima non impari a cercare Dickens negli scaffali di casa (o della biblioteca di quartiere) - non troverai mai nulla (di buono?) per il semplice fatto che non vuoi (sai) cercare. Meglio, peggio, chissà? Se ieri la sete di conoscenza rispondeva a un unico motore - la domanda di curiosità (+ salvifica cultura del dubbio) - oggi c’è Google con tutta la sua potenza muscolare ma mancano, forse, nuove keywords per esplorare il presente e interrogare il futuro. Siamo tutti (dove il tutti sta per noi-40enni-più-1-meno-1) cresciuti credendo che il mondo avesse pochi confini, fosse globale, raggiungibile in un clic. Era ed è vero. O forse no. Nell'Italia della rete lenta e per pochi - in attesa che diventi per tutti - nella stagione di passaggio tra i Dieci e il Venti, se apri una srl, senza aver vinto un win-for-life o incantato un incubatore generoso, scopri facilmente che la grande crisi della finanza internazionale impone di pensare con scale prossime al chilometro zero ed economie da homo faber che mirano all'(auto)sussistenza. Il 2011? Non credo porterà chiarezza. Semmai aggiungerà complessità. Lo scenario è approssimativo come approssimativo è il mondo. La rete né in qualche modo uno specchio distonico dove alto/basso, vero/verosimile convivono, a volte confondendosi. Se torno a pensare in termini d’informazione, il “Soma” del momento è una sorta di paradosso. C’era una volta il giornalismo; poi è arrivata la pubblicità e con la pubblicità il marketing... L’universo dell'open source al momento non sostituisce in termini di redditività né l’una, né l’altro. Non so se i giornali di carta sopravviveranno. La questione - trascurando il piacere personale dello sfoglio - mi appassiona poco. Non mi interessa il media, mi interessano processo, metodo e contenuti. La carta li ha sempre (più o meno) remunerati, il web per ora è solo una promessa. In questa prospettiva, Citizien journalism sarà journalism solo quando produrrà reddito per chi lo pratica. E le recenti diatribe all'HuffPo sembrano confermarlo. Se procedessimo ancora per paradossi per un Assange che dovrà scrivere un’autobiografia per “sostenere” Wikileaks (cause connesse a...) c’era un Buzzati che scriveva di Deserti e Tartari con un editore che pensava al resto. Certo, altri tempi, altro secolo... L’allucinogeno non ha ancora esaurito il suo effetto. Affidare l’informazione allo logica di una rete affidata agli asdsense e alla micro-parcellizazione della professione non credo porterà comunque lontani. Dalla Siberia all'India, il viaggio è lungo. Nel mio piccolo, per ora ho solo deciso di mettermi in marcia. Il resto, come si diceva una volta, è un grande boh. La sfida (forse) è imparare a conviverci.
Susanna Legrenzi vive e lavora a Milano. Giornalista professionista, 42 anni, laurea in legge, negli ultimi 13 anni ha lavorato a Io donna/Corriere delle Sera come caporedattore arte e design. Da circa 18 mesi è free lance per scelta. Quando non scrive per la carta stampata, cura big ben zine, insegna in Naba a Milano, organizza mostre di design, segue jpeggy, si fa molte domande (dandosi poche risposte certe).
domenica 26 dicembre 2010
Elisabetta Gola – Didatticamente modificati: cyberprof, cyberlearners, cyberschools

La tecnologia, da quando nel 400 a.C. circa veniva chiamata tékne, ha sempre avuto una storia di rapporti complicati con la teoria (e anche con la pratica). Il digital divide è solo una riedizione contemporanea di un vecchio problema. Per tornare a tempi più recenti, prima del digital divide c’erano le due culture (quella umanistica e quella scientifica): questi due sdoppiamenti, tra loro legati, sono entrambi pericolosi, perché nel tentativo di salvare una realtà a scapito dell’altra di solito diminuiscono le possibilità di sopravvivenza di entrambe.
venerdì 17 dicembre 2010
Layla Pavone - L'anno che precede la fine del mondo e della pubblicita' cosi' come l'abbiamo pensata da sempre
Comunque vada, contando anche sulle rassicurazioni della Nasa che smentisce scientificamente le previsioni nefaste del popolo Maya :-), il prossimo anno sara' certamente costellato da ulteriori innovazioni oltre che dal consolidamento di alcuni fenomeni che stanno rivoluzionando il mondo della comunicazione, ma prima ancora naturalmente della societa'.
Dopo circa 15 anni dall'avvento di Internet in Italia (nel senso di strumento di informazione, relazione e comunicazione di massa) e nonostante gli ostacoli relativi alla mancanza di investimenti in infrastruttura tecnologica e piu' in generale nell'innovazione, le aziende utilizzeranno l'online come la prima piattaforma di comunicazione attorno alla quale far ruotare tutti i processi aziendali. La grande rivoluzione sara' proprio la tecnologia che, quando si parla di marketing e advertising non e' un concetto cosi' banale. Chiedo scusa a coloro i quali masticano tecnologia tutti i giorni poiche' potrebbero davvero giudicare scontato il mio pensiero ma, essendo una "figura ponte" da questo punto di vista (sono "un'internettara" ma anche una "pubblicitaria", avendo avuto la fortuna di essere avanguardia della contaminazione attuale che, pero', 15 anni fa -credetemi- mi faceva passare per un'illusa visionaria) posso serenamente sostenere come la business technology sia stata, fino a non molto tempo fa, quanto di piu' distante per molti marketing manager.
La frammentazione delle audience e la moltiplicazione dell'offerta di contenuti multimediali ha rimesso completamente in discussione 50 anni di regole e paradigmi che, seppur condivisi dall'industria pubblicitaria, nel corso degli ultimi anni si erano allontanati dai reali bisogni dei consumatori diventando obsoleti e sempre meno efficaci.
La tecnologia rivoluzionera' sia la pianificazione pubblicitaria ovvero il media sia la creativita'. L'utilizzo degli algoritmi sara' la base di partenza nei prossimi anni per le pianificazioni online ed anche offline (ovvero su quei mezzi tradizionali che via via si stanno digitalizzando) per poter raggiungere le audience in logica "behavioral" e "re-targeting". Il 2011 sara' l'anno del vero kick-off.
Senza nulla togliere alle ricerche su base campionaria ed anche quelle su base censuaria (vedi Audiweb)che indubbiamente hanno contribuito a rendere piu' confidentigli investitori pubblicitari nelle loro decisioni di inserire internet nel media-mix, sempre piu' all'orizzonte intravedo un futuro che consentira' di intercettare e coinvolgere gli utenti online, gli individui,non tanto per i comportamenti online dichiarati, attraverso le indagini CAPI o CATI, o registrati attraverso i meter, quanto per quelli che in tempo reale verranno tracciati e analizzati dai software, attraverso i cookie, strumento basilare per offrire un'advertising sempre piu' rilevante e coerente rispetto ai comportamenti e a bisogni degli utenti.
Stringhe di testo, codici, dati che vengono registrati e analizzati dai software di pianificazione saranno determinanti per poter offrire messaggi pubblicitari "customizzati" e, presumibilmente, graditi agli utenti e per ricontattarli con precisione nel tempo con offerte su misura.
Tutto questo grazie anche ad una rinnovata capacita' di fare creativita' online che necessariamente dovra' essere "empowered by technology".
Anche il ruolo delle agenzie quindi via via cambiera' ed anche delle relative figure professionali che saranno sempre piu' connotate da una parte da competenze matematico-statistiche e dall'altra umanistico-psicologiche e artistiche.
Dall'altra parte i social-media hanno anch'essi rivoluzionato e sempre piu' rivoluzioneranno il marketing e l'advertising rimettendo in discussione il valore delle marche, e dei prodotti, ormai determinato e condizionato dalle conversazioni fra le persone, restituendo un valore concreto al concetto di "time to market". Gia' oggi conta molto di piu' un giudizio negativo di qualche utente "influencer" postato su un social-network e "viralizzato" dai suoi amici in tempo reale che 800 Grps's televisivi quotidiani. Domani le scelte di marketing saranno guidate dalla capacita' di ascoltare i bisogni ed i sogni degli individui che ne determineranno le strategie. Una "supply chain up side down" che influenzera' totalmente le scelte di produzione di beni e servizi delle aziende. Un'economia basata non tanto sulla persuasione delle aziende nei confronti dei consumatori per indurli all'acquisto di determinati prodotti e servizi quanto sulla dissuasione da parte dei consumatori nei confronti delle aziende a produrre beni materiali e immateriali che non siano il frutto delle loro scelte consapevoli e condivise.