Il Veneto può diventare un territorio ad alta densità digitale? E’ da questa domanda che partono i lavori del 9 maggio
Il Veneto digitale lo
crede possibile e si dà appuntamento il 9 maggio dalle 14:30 alle 19:30
presso il Padiglione Expo Acquae di Marghera per parlarne anche con i
candidati al futuro governo regionale. Un movimento dal basso,
bottom-up, costituito da cittadini, istituzioni, associazioni e imprese
sulle rotte del digitale che si confronta, condivide e approfondisce le
strategie e le necessità per svecchiare e accrescere i sistemi
produttivi.
Leggi tutto sul Corriere del Veneto: Il Veneto digitale si dà appuntamento offline
Scenari Digitali 2011
mercoledì 6 maggio 2015
sabato 17 gennaio 2015
Dalla Grappa all’ambiente riscoprendo l’uva - verso Expo 2015 le proposte in Veneto
Dalla Grappa all’ambiente riscoprendo l’uva - Su Cliccando - Corrieredelveneto.it
Conosciamo davvero tutti gli impieghi dell'uva? Le distillerie in che modo possono contribuire al miglioramento dell'ambiente? l'uva è energia per la vita?
Sulla scia di Expo 2015 abbiamo scoperto due musei della grappa di Poli Distillerie e dialogato con uno dei titolari per capire le iniziative e i progetti legati all'Expo.
Conosciamo davvero tutti gli impieghi dell'uva? Le distillerie in che modo possono contribuire al miglioramento dell'ambiente? l'uva è energia per la vita?
Sulla scia di Expo 2015 abbiamo scoperto due musei della grappa di Poli Distillerie e dialogato con uno dei titolari per capire le iniziative e i progetti legati all'Expo.
martedì 4 novembre 2014
Comunicare l’emergenza: conversazione con @Emergenza24
F.A.: Sono ormai 15.000 le persone coinvolte nella Community. Qual è
lo spirito che fa crescere una realtà così particolare? Ma soprattutto
il Community Manager di una realtà così complessa e articolata che ruolo
deve avere?
M.G.: La crescita è stata spontanea in un progetto che non ha
sponsorizzazioni, non ha pubblicità nelle pagine o altre forme di
supporto. Questo ha permesso da una parte di ottenere l’attenzione del
pubblico attento a non “aiutare” chi baratta una informazione utile,
urgente, indispensabile, spesso vitale, con una pubblicità, dall’altro
ha permesso una crescita fisiologica, ovvero senza sollecitazioni.
Chi ci segue conosce i nostri protocolli e li approva, li usa e li diffonde. Solo partecipanti consapevoli al progetto.
È quella di Emergenza24 la più grande comunità di
comunicazione delle emergenze in Italia, la gestione è certamente
complessa perché bisogna bilanciare notizie italiane con altre dal resto
del mondo che possono essere potenzialmente a rischio ma abbiamo una
straordinaria rete di collaboratori e questo aiuta tantissimo.
Leggi tutto su CorrieredelVeneto.it
Comunicare l’emergenza: conversazione con @Emergenza24
lo spirito che fa crescere una realtà così particolare? Ma soprattutto
il Community Manager di una realtà così complessa e articolata che ruolo
deve avere?
M.G.: La crescita è stata spontanea in un progetto che non ha
sponsorizzazioni, non ha pubblicità nelle pagine o altre forme di
supporto. Questo ha permesso da una parte di ottenere l’attenzione del
pubblico attento a non “aiutare” chi baratta una informazione utile,
urgente, indispensabile, spesso vitale, con una pubblicità, dall’altro
ha permesso una crescita fisiologica, ovvero senza sollecitazioni.
Chi ci segue conosce i nostri protocolli e li approva, li usa e li diffonde. Solo partecipanti consapevoli al progetto.
È quella di Emergenza24 la più grande comunità di
comunicazione delle emergenze in Italia, la gestione è certamente
complessa perché bisogna bilanciare notizie italiane con altre dal resto
del mondo che possono essere potenzialmente a rischio ma abbiamo una
straordinaria rete di collaboratori e questo aiuta tantissimo.
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Comunicare l’emergenza: conversazione con @Emergenza24
lunedì 7 luglio 2014
Pinterest per il Business
In Italia sono circa 1 milione e 400 mila gli iscritti a Pinterest,
di questi più o meno 700 mila sono attivi. Non c’è dubbio che nel
nostro Paese Pinterest non può competere con i grandi numeri di Facebook
o Twitter; ciò non toglie che possa diventare un ottimo allegato per
quelle aziende che operano in alcuni settori in cui il Made in Italy fa la differenza nel mondo. 700 mila utenti attivi sono una interessante nicchia da raggiungere se si hanno prodotti da fare conoscere.
Pinterest per il Business
di questi più o meno 700 mila sono attivi. Non c’è dubbio che nel
nostro Paese Pinterest non può competere con i grandi numeri di Facebook
o Twitter; ciò non toglie che possa diventare un ottimo allegato per
quelle aziende che operano in alcuni settori in cui il Made in Italy fa la differenza nel mondo. 700 mila utenti attivi sono una interessante nicchia da raggiungere se si hanno prodotti da fare conoscere.
Pinterest per il Business
sabato 15 gennaio 2011
Roberto Scano - Vedo, prevedo, e mi sbaglio...
"Prevedere è meglio che curare". Consentitemi questa "variante" ad una frase d'effetto che viene sempre citata nelle pubblicità di tipo medico-sanitario con un semplice obiettivo: invitare le persone a prendere cura di se stessi per non dover intervenire successivamente con terapie maggiormente invasive. Spesso quindi basta poco per garantire la "felicità".
Qualcuno si chiederà cosa c'azzecca questa premessa con gli "Scenari Digiali 2011". Per ragionare del 2011, ovvero per "curare" l'evoluzione della comunicazione e l'uso delle nuove tecnologie, è necessario guardarsi indietro ed analizzare cosa era stato previsto. Era stato previsto il boom di social network alternativi a facebook, perchè facebook è troppo generalista: la previsione è stata smentita e ad oggi Facebook è in costante crescita e grazie ad accordi con partner d'eccellenza (tra cui Microsoft per il motore di ricerca Bing) potrà garantire nuove sorprese nel corso di quest'anno. Era stata sancita la morte di skype a favore del voip "diretto": ad oggi non ho notato tale preannunciato sorpasso, ma si nota sempre più l'espansione di skype che di recente ha acquisito servizi per il miglioramento delle comunicazioni video.
In ambito mobile, era considerato impossibile superare nelle vendite iphone: il mercato reale sta dimostrando una maggiore diffusione delle soluzioni basate su google Android. Sempre nel 2010 si era parlato del nobel ad Internet, bolla (mediatica) andata in fumo in poco tempo.
Ora si sente parlare di "banda larga", di "wi-fi libero" con l'idea che le "battaglie" per la loro diffusione possano garantire la crescita della cultura digitale, delle opportunità di business, del "paese Italia". Ma se andiamo a vedere i dati, ci rendiamo conto che siamo uno dei primi paesi al mondo per l'uso dei social network (siamo secondi solo al Brasile), abbiamo un numero di cellulari pro-capite da far invidia a paesi con PIL altamente superiore al nostro, abbiamo banda larga disponibile in gran parte del paese (meno dove magari realmente serve...).
Che evoluzione ulteriore può avere quindi l'apertura di wi-fi o la fornitura di moltissima banda se mancano le idee per inserirli nel ciclo dell'economia? Che senso ha ad esempio avere aziende ad alta innovazione se non sono conosciute e/o se i loro prodotti non raggiungono il target previsto in quanto non hanno al loro interno figure che sanno usare nuove forme di comunicazione? La sfida del 2011 a mio avviso deve essere l'alfabetizzazione aziendale all'uso delle nuove tecnologie di comunicazione in rete, il coinvolgimento di persone con reale esperienza sul campo (persone che possono dimostrare nei fatti, con case history, la reale crescita di aziende/prodotti grazie al loro lavoro).
Non è quindi importante chi emergerà, chi galleggerà e chi sparirà: l'importante è che cominci ad esser chiaro che le tecnologie ci sono, le case history pure e che pertanto è inutile affidarsi ai miraggi e/o attendere azioni di terzi per innovare i processi di comunicazione in azienda. Ma, consentitemi, non solo aziendali: siamo una società che si basa su servizi e mi aspetterei un 2011 in cui anche le PA si riorganizzano per erogare servizi tramite i nuovi canali di comunicazione, supportati anche dalla recente riforma del Codice dell'Amministrazione Digitale).
Qualcuno si chiederà cosa c'azzecca questa premessa con gli "Scenari Digiali 2011". Per ragionare del 2011, ovvero per "curare" l'evoluzione della comunicazione e l'uso delle nuove tecnologie, è necessario guardarsi indietro ed analizzare cosa era stato previsto. Era stato previsto il boom di social network alternativi a facebook, perchè facebook è troppo generalista: la previsione è stata smentita e ad oggi Facebook è in costante crescita e grazie ad accordi con partner d'eccellenza (tra cui Microsoft per il motore di ricerca Bing) potrà garantire nuove sorprese nel corso di quest'anno. Era stata sancita la morte di skype a favore del voip "diretto": ad oggi non ho notato tale preannunciato sorpasso, ma si nota sempre più l'espansione di skype che di recente ha acquisito servizi per il miglioramento delle comunicazioni video.
In ambito mobile, era considerato impossibile superare nelle vendite iphone: il mercato reale sta dimostrando una maggiore diffusione delle soluzioni basate su google Android. Sempre nel 2010 si era parlato del nobel ad Internet, bolla (mediatica) andata in fumo in poco tempo.
Ora si sente parlare di "banda larga", di "wi-fi libero" con l'idea che le "battaglie" per la loro diffusione possano garantire la crescita della cultura digitale, delle opportunità di business, del "paese Italia". Ma se andiamo a vedere i dati, ci rendiamo conto che siamo uno dei primi paesi al mondo per l'uso dei social network (siamo secondi solo al Brasile), abbiamo un numero di cellulari pro-capite da far invidia a paesi con PIL altamente superiore al nostro, abbiamo banda larga disponibile in gran parte del paese (meno dove magari realmente serve...).
Che evoluzione ulteriore può avere quindi l'apertura di wi-fi o la fornitura di moltissima banda se mancano le idee per inserirli nel ciclo dell'economia? Che senso ha ad esempio avere aziende ad alta innovazione se non sono conosciute e/o se i loro prodotti non raggiungono il target previsto in quanto non hanno al loro interno figure che sanno usare nuove forme di comunicazione? La sfida del 2011 a mio avviso deve essere l'alfabetizzazione aziendale all'uso delle nuove tecnologie di comunicazione in rete, il coinvolgimento di persone con reale esperienza sul campo (persone che possono dimostrare nei fatti, con case history, la reale crescita di aziende/prodotti grazie al loro lavoro).
Non è quindi importante chi emergerà, chi galleggerà e chi sparirà: l'importante è che cominci ad esser chiaro che le tecnologie ci sono, le case history pure e che pertanto è inutile affidarsi ai miraggi e/o attendere azioni di terzi per innovare i processi di comunicazione in azienda. Ma, consentitemi, non solo aziendali: siamo una società che si basa su servizi e mi aspetterei un 2011 in cui anche le PA si riorganizzano per erogare servizi tramite i nuovi canali di comunicazione, supportati anche dalla recente riforma del Codice dell'Amministrazione Digitale).
domenica 9 gennaio 2011
Roberto Cipollini - L'anno delle applicazioni e dei giovani imprenditori
Il 2011 sarà un anno ricco di applicazioni. Più di quanto lo sia stato il 2010.
Siamo bombardati di continuo da notizie, statuses, feeds, foto, video e tantissime altre informazioni. C'è un overlaod di fatti, contenuti ed informazioni. Sono le applicazioni.
Il 2011 segnerà la comparsa (e scomparsa) di tantissime nuove applicazioni tramite cui queste informazioni girano nella rete. E gli artefici di questo scenario sono giovani imprenditori, visionari, sognatori o solamente ferengi, che dedicheranno il loro tempo a realizzare un’altra application killer, quella che farà il botto e raggiungerà la fantasmagorica soglia del triliardo di utenti in una settimana (il sogno erotico di ogni vero nerd :).
Se qualcuno mi chiede verso cosa ci porta questa evoluzione, la mia risposta è che dipende tutto dall'ampiezza con cui ciascuno di noi riesce a guardare lo scorrere dell'era digitale, dell'evolversi del presente. Più ampia è la visuale, maggiore sono gli elementi che ci permettono di capire quello che succede intorno a noi. Identificare i dettagli poi è tutt'altra storia. Quello che vedo è un mondo ancora da scoprire, con opportunità di crescita, di sviluppo, di successi e di fallimenti. Siamo all'inizio di un'era che possiamo solo immaginare e ciò che a noi sembra innovazione o "era moderna" è già passato per i nostri figli. Chi di noi, un anno fa, avrebbe mai immaginato di poter giocare a tennis davanti alla tv senza una finta racchetta o un pad? Oggi questo è realtà, ma siamo ancora agli inizi. Da questa piccola (in relazione alle sue potenzialità future) innovazione tecnologica (il kinect per intenderci) si possono costruire inimmaginabili usi tramite applicazioni ancora da sviluppare (e in poche settimane si sono già visti alcuni hacking che promettono sviluppi interessanti). Quello che vedo è una crescente voglia di creare innovazione (non è così facile in italia, purtroppo, per un contesto imprenditoriale troppo sedentario e poco inclino alla ventura) e sono pochi quelli che ci riescono davvero (a costo di compromessi e sacrifici enormi).
Ciò che sarà sempre più importante è la mobilità e la capacità di creare contenuti ed applicazioni per fruirli (in mobilità, s'intende). Maggiore è velocità con cui queste applicazioni vedranno la luce, maggiore sarà l'interazione e la partecipazione degli utenti nel generare ulteriore domanda per altre applicazioni. Questa è un'opportunità d'oro per chi saprà cogliere quelle nuove necessità e raccogliere le risorse per realizzarle prima degli altri.
Sono una indigeno digitale iperconesso (sempre, ad ogni ora del giorno, ogni giorno dell'anno), e questo mi da un'elevata facilità di accesso a contenuti, dati e notizie (intese come cambiamenti nel contesto in cui ci muoviamo). Viviamo circondati da informazioni (la prossima moneta dell'era digitale) provenienti da diverse fonti, ma soprattutto dal basso, dal nostro stesso network a cui siamo connessi, che funziona come veicolo per altre informazioni, creando ridondanza e sovraccarico, da cui si attinge e condividiamo nuovamente come peer di un più ampio network in cui esistiamo. Questo è il mio mondo, la mia esistenza, sono un essere digitale e lo faccio tramite le applicazioni che uso. Io sono parte della domanda che genera la necessità di sviluppare altre applicazioni.
Nel 2011 continueremo a far la conta di quanti decimi di punto percentuale quel sistema operativo ha guadagnato sull'altro (Android vs iOS o viceversa), o quante tablet sono state vendute al posto di un netbook o all’espansione di quello o dell'altro mercato. Il 2011 sarà un anno in cui i giovani con la mente fresca potranno creare nuove applicazioni per tablet e smartphones, per nuovi supporti e mercati emergenti. Loro, i giovani imprenditori, sono il vero valore della nostra era digitale. E' qui che batte il cuore della futura tecnologia. Sono loro quelli che creano movimento e danno a noi gli strumenti per poter usare applicazioni e condividere sempre più informazioni e contenuti con altri indigeni digitali. Loro ci danno la possibilità di pubblicare posts e status sui nostri wall ovunque siamo, possiamo fare il checkin di qui, tweettare di la, guardare quel video e condividerlo con centinaia di persone che non abbiamo mai visto. Questo è il futuro per il 2011 ed oltre. Ma ci saranno anche crescenti preoccupazioni sulla propria privacy, sulle informazioni che noi decidiamo di condividere, sulla velocità con cui diciamo agli altri dove siamo, cosa facciamo, chi siamo.
Noi siamo le informazioni che lasciamo sui social networks (mi verrebbe da dire "Networking Ergo Sum"). Siamo identificati con i nostri avatars, i nostri aggiornamenti, le foto delle nostre ferie. Usiamo applicazioni per dire chi siamo, che lavoro facciamo e lo stiamo facendo così velocemente che non sempre ci fermiamo a valutare dove stiamo realmente andando. Abbiamo aperto le nostre case, le nostre vite, la nostra professionalità ad aziende private (facebook, twitter, foursquare, ecc..) a cui diamo continue informazioni su cosa facciamo, cosa ci piace mangiare e quali sono le nostre abitudini. Tutto questo ha un enorme valore economico, strettamente legato al rapporto tra utente ed applicazione, tra consumatore ed azienda.
Tutte queste applicazioni ruotano intorno al concetto di massima condivisione sul network cloud, di massima visibilità e distribuzione tramite altre applicazioni interconnesse con API e sharing links. La spreadability è il fulcro su cui la comunicazione digitale sta giocando con gli utenti. Gli early adopters (che non sono un gusto esotico di thè) sono il primary target delle nuove applicazioni, la loro launch tower, da cui il messaggio deve diffondersi. Ancora oggi però molti gruppi industriali (miopi e sedentari) non hanno capito che il messaggio non è loro, ma degli utenti e che il controllo della comunicazione non è più affare loro, ma degli utenti, tramite le applicazioni, appunto. Facebook e Twitter hanno cambiato il modo di comunicare tra aziende ed utente, anzi tra utente ed azienda (a volte con imbarazzanti casi di realtà che non hanno ancora capito che essere solo su Facebook non farà loro aumentare il numero di clienti o il fatturato trimestrale).
La disponibilità di applicazioni (con i rispettivi stores online) e la possibilità di installarle a piacere sui nostri dispositivi definiranno il trend del mercato digitale nel 2011. Tablets e smartphones saranno i principali strumenti usati per usare queste applicazioni. Lo sviluppo dei device ha innescato questo crescente interesse sulle applicazioni (consideriamo che la maggioranza delle foto caricate su Flickr sono scattate con un iPhone - e questo anche grazie alla disponibilità di applicazioni per farlo). La capacità di raccogliere le risorse per sviluppare nuove applicazioni sarà uno dei vantaggi competitivi tra il successo e il fallimento di un'idea. Il 2011 sarà un anno interessante. E spero sia anche un altro anno stimolante e divertente per chi, come me, prova a farne parte.
Roberto Cipollini è imprenditore e startupper, è titolare della All Media Solutions, società specializzata in progetti web 2.0 e soluzioni di change management per l'application lifecycle. E' founder di Smappo, un event management network per la condivisione e gestione degli eventi online tramite i Virtual Tickets.
Siamo bombardati di continuo da notizie, statuses, feeds, foto, video e tantissime altre informazioni. C'è un overlaod di fatti, contenuti ed informazioni. Sono le applicazioni.
Il 2011 segnerà la comparsa (e scomparsa) di tantissime nuove applicazioni tramite cui queste informazioni girano nella rete. E gli artefici di questo scenario sono giovani imprenditori, visionari, sognatori o solamente ferengi, che dedicheranno il loro tempo a realizzare un’altra application killer, quella che farà il botto e raggiungerà la fantasmagorica soglia del triliardo di utenti in una settimana (il sogno erotico di ogni vero nerd :).
Se qualcuno mi chiede verso cosa ci porta questa evoluzione, la mia risposta è che dipende tutto dall'ampiezza con cui ciascuno di noi riesce a guardare lo scorrere dell'era digitale, dell'evolversi del presente. Più ampia è la visuale, maggiore sono gli elementi che ci permettono di capire quello che succede intorno a noi. Identificare i dettagli poi è tutt'altra storia. Quello che vedo è un mondo ancora da scoprire, con opportunità di crescita, di sviluppo, di successi e di fallimenti. Siamo all'inizio di un'era che possiamo solo immaginare e ciò che a noi sembra innovazione o "era moderna" è già passato per i nostri figli. Chi di noi, un anno fa, avrebbe mai immaginato di poter giocare a tennis davanti alla tv senza una finta racchetta o un pad? Oggi questo è realtà, ma siamo ancora agli inizi. Da questa piccola (in relazione alle sue potenzialità future) innovazione tecnologica (il kinect per intenderci) si possono costruire inimmaginabili usi tramite applicazioni ancora da sviluppare (e in poche settimane si sono già visti alcuni hacking che promettono sviluppi interessanti). Quello che vedo è una crescente voglia di creare innovazione (non è così facile in italia, purtroppo, per un contesto imprenditoriale troppo sedentario e poco inclino alla ventura) e sono pochi quelli che ci riescono davvero (a costo di compromessi e sacrifici enormi).
Ciò che sarà sempre più importante è la mobilità e la capacità di creare contenuti ed applicazioni per fruirli (in mobilità, s'intende). Maggiore è velocità con cui queste applicazioni vedranno la luce, maggiore sarà l'interazione e la partecipazione degli utenti nel generare ulteriore domanda per altre applicazioni. Questa è un'opportunità d'oro per chi saprà cogliere quelle nuove necessità e raccogliere le risorse per realizzarle prima degli altri.
Sono una indigeno digitale iperconesso (sempre, ad ogni ora del giorno, ogni giorno dell'anno), e questo mi da un'elevata facilità di accesso a contenuti, dati e notizie (intese come cambiamenti nel contesto in cui ci muoviamo). Viviamo circondati da informazioni (la prossima moneta dell'era digitale) provenienti da diverse fonti, ma soprattutto dal basso, dal nostro stesso network a cui siamo connessi, che funziona come veicolo per altre informazioni, creando ridondanza e sovraccarico, da cui si attinge e condividiamo nuovamente come peer di un più ampio network in cui esistiamo. Questo è il mio mondo, la mia esistenza, sono un essere digitale e lo faccio tramite le applicazioni che uso. Io sono parte della domanda che genera la necessità di sviluppare altre applicazioni.
Nel 2011 continueremo a far la conta di quanti decimi di punto percentuale quel sistema operativo ha guadagnato sull'altro (Android vs iOS o viceversa), o quante tablet sono state vendute al posto di un netbook o all’espansione di quello o dell'altro mercato. Il 2011 sarà un anno in cui i giovani con la mente fresca potranno creare nuove applicazioni per tablet e smartphones, per nuovi supporti e mercati emergenti. Loro, i giovani imprenditori, sono il vero valore della nostra era digitale. E' qui che batte il cuore della futura tecnologia. Sono loro quelli che creano movimento e danno a noi gli strumenti per poter usare applicazioni e condividere sempre più informazioni e contenuti con altri indigeni digitali. Loro ci danno la possibilità di pubblicare posts e status sui nostri wall ovunque siamo, possiamo fare il checkin di qui, tweettare di la, guardare quel video e condividerlo con centinaia di persone che non abbiamo mai visto. Questo è il futuro per il 2011 ed oltre. Ma ci saranno anche crescenti preoccupazioni sulla propria privacy, sulle informazioni che noi decidiamo di condividere, sulla velocità con cui diciamo agli altri dove siamo, cosa facciamo, chi siamo.
Noi siamo le informazioni che lasciamo sui social networks (mi verrebbe da dire "Networking Ergo Sum"). Siamo identificati con i nostri avatars, i nostri aggiornamenti, le foto delle nostre ferie. Usiamo applicazioni per dire chi siamo, che lavoro facciamo e lo stiamo facendo così velocemente che non sempre ci fermiamo a valutare dove stiamo realmente andando. Abbiamo aperto le nostre case, le nostre vite, la nostra professionalità ad aziende private (facebook, twitter, foursquare, ecc..) a cui diamo continue informazioni su cosa facciamo, cosa ci piace mangiare e quali sono le nostre abitudini. Tutto questo ha un enorme valore economico, strettamente legato al rapporto tra utente ed applicazione, tra consumatore ed azienda.
Tutte queste applicazioni ruotano intorno al concetto di massima condivisione sul network cloud, di massima visibilità e distribuzione tramite altre applicazioni interconnesse con API e sharing links. La spreadability è il fulcro su cui la comunicazione digitale sta giocando con gli utenti. Gli early adopters (che non sono un gusto esotico di thè) sono il primary target delle nuove applicazioni, la loro launch tower, da cui il messaggio deve diffondersi. Ancora oggi però molti gruppi industriali (miopi e sedentari) non hanno capito che il messaggio non è loro, ma degli utenti e che il controllo della comunicazione non è più affare loro, ma degli utenti, tramite le applicazioni, appunto. Facebook e Twitter hanno cambiato il modo di comunicare tra aziende ed utente, anzi tra utente ed azienda (a volte con imbarazzanti casi di realtà che non hanno ancora capito che essere solo su Facebook non farà loro aumentare il numero di clienti o il fatturato trimestrale).
La disponibilità di applicazioni (con i rispettivi stores online) e la possibilità di installarle a piacere sui nostri dispositivi definiranno il trend del mercato digitale nel 2011. Tablets e smartphones saranno i principali strumenti usati per usare queste applicazioni. Lo sviluppo dei device ha innescato questo crescente interesse sulle applicazioni (consideriamo che la maggioranza delle foto caricate su Flickr sono scattate con un iPhone - e questo anche grazie alla disponibilità di applicazioni per farlo). La capacità di raccogliere le risorse per sviluppare nuove applicazioni sarà uno dei vantaggi competitivi tra il successo e il fallimento di un'idea. Il 2011 sarà un anno interessante. E spero sia anche un altro anno stimolante e divertente per chi, come me, prova a farne parte.
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Roberto Cipollini è imprenditore e startupper, è titolare della All Media Solutions, società specializzata in progetti web 2.0 e soluzioni di change management per l'application lifecycle. E' founder di Smappo, un event management network per la condivisione e gestione degli eventi online tramite i Virtual Tickets.
mercoledì 5 gennaio 2011
Gino Tocchetti – Verso una piramide piu' alta di quella di Maslow
Prevedere cosa succedera' nel 2011 e' un po' come fare l'oroscopo: o perche' si scrivono scontate banalita', o perche' si azzarda uno scenario che sara' presto verificato, la propria reputazione potrebbe rapidamente portarsi ai livelli del mago Otelma.
Il mio pensiero quindi non si limita al 2011, e non formula tanto una previsione quanto un auspicio. E dal momento che viviamo in un mondo fortemente interconnesso, non mi concentrero' solo sul settore delle tecnologie digitali: in contraddizione con coloro che credono che l'innovazione sia dettata dalla tecnologia, cerchero' di riconoscere trend economici e sociali piu' generali, e di utilizzare l'emergenza di nuove tecnologie come verifica di quei trend. Faro' quindi riferimento ad una nuova tipologia di "bisogni ecosistemici", che Maslow aveva semplicemente escluso terminando la sua piramide al quinto livello, perche' a quel tempo non c'era sufficiente diffusione di ricchezza, la maggioranza non aveva ancora potuto scalare i primi gradini della piramide, e gli equilibri mondiali erano decisi esclusivamente nelle stanze dei bottoni. Solo oggi questi nuovi bisogni stanno emergendo, e possono e dovranno essere posti a motore dell'economia prossima futura.
Con riferimento alle tecnologie, questi bisogni emergenti hanno determinato il successo delle tecnologie "social" in questi anni, e nell'immediato futuro saranno la spinta per una sempre maggiore diffusione delle tecnologie per l'interconnessione di ecosistemi territoriali, ad incominciare dall'"internet delle cose". Il trend dovrebbe essere: "real life vs internet" > "life streaming on internet" > "living in augmented reality" > new eco living using internet as one of the supporting technologies.
Mi spiego meglio. Che ci sia un radicale cambio di civilta' in atto, qui in occidente, e' indubbio, tant'e' che ancora usiamo l'espressione "post industriale", perche' evidentemente sappiamo solo esprimerci su cosa non c'e' piu'. L'equilibrio precedente dipendeva dalla compresenza nello stesso territorio di un livello minimo di capitale, impianti produttivi e consumatori: quando la produzione ha iniziato ad essere pesantemente delocalizzata, e la crescita delle multinazionali ha trasferito il centro di comando in un iperuranio sovranazionale, sappiamo bene che il meccanismo si e' rotto. Concentrazione, consumo, e individuo sono schemi mentali in declino.
L'avvento dell'"economia della conoscenza", o di altri asset immateriali (dalla capacita' di innovazione alla capacita' di relazione con il crowd), non ha portato ad una nuova fase economica, come il termine suggeriva equivocamente, perche' non puo' esserci una nuova economia di mercato centrata sulla conoscenza, pur essendo la conoscenza fattore chiave in qualunque economia emergente. Siamo infatti convinti che lo sviluppo e l'utilizzo di conoscenza, che l'intelligenza collettiva, che la forza della rete non possano esprimere il proprio potenziale al massimo se non a condizione di essere preservati dalle implicazioni economiche e dalle logiche di business.
Dunque quale modello economico e sociale possiamo augurarci di vedere emergere (qui in occidente, in europa, in italia), a partire dal 2011, almeno a parziale integrazione del precedente, i cui prodromi sono gia' in qualche modo riconoscibili? Un sistema economico profondamente diverso, dove sono indirizzati bisogni della collettivita' prima che individuali (fabbisogno di energie pulite, salvaguardia dell'ambiente, servizi sociali in tutti i campi dalla sanita' alla sicurezza, momenti di socializzazione...). Bisogni che Maslow non aveva previsto, troncando la propria piramide al quinto livello, ancora basato sul "self".
Bisogni che essendo quindi "tipicamente territoriali" non possono che essere realizzati (completati) ed erogati "in loco", garantendo un maggiore equilibrio economico a livello locale. Infatti l'adattamento al contesto locale renderebbe inevitabile l'impiego di competenze e componenti autoctone, sarebbero necessari produttori di componenti e adattaori, e installatori e manutentori, esperti di usi e culture territoriali, tutti rigorosamente "locali". A questi bisogni, infatti, corrisponderebbero nuovi "servizi ecosistemici", e non solo quelli relativi agli ecosistemi ambientali anche se probabilmente analizzabili con analogo approccio. Questi servizi sarebbero resi disponibili da un comparto economico comprendente un indotto di proporzioni potenzialmente gigantesche, e darebbero vita veramente ad una nuova economia, un'"economia di ecosistema".
Naturalmente le tecnologie utilizzate e le metodologie consolidate possono (e devono) essere sviluppate grazie all'intelligenza collettiva globale e all'eccellenza di paesi tecnologicamente avanzati, i quali potrebbero adottare una logica produttiva industriale per l'hardware, e di tipo "opensource" per il software (per esempio l'energia da correnti marine dai paesi baltici, il fotovoltaico di nuova generazione americano, la bioingegneria italiana, i nanomateriali tedeschi, l'elettronica di consumo asiatica, e far girare tutto sul cloud e con l'opensource prodotto in rete...), garantendo contemporaneamente un basso livello dei prezzi dei componenti di primo livello, e possibilita' di investimento in ricerca per le infrastrutture.
E per quanto riguarda gli scenari digitali? la tecnologia utilizzata sara' profondamente cablata nel territorio, e contemporaneamente connessa in rete. Sappiamo che le tecnologie digitali hanno abilitato da tempo lo sviluppo della dimensione del "noi", della relazione, della condivisione, e che dal virtuale si stanno spostando nel reale e locale. Se questa e' la direzione, allora esploderanno presto tutte le tecnologie che vanno oggi sotto il nome di "internet delle cose", e che stanno gia' rendendo possibili radicali trasformazioni di settori quali la domotica, il monitoraggio di cose e persone per motivi di sicurezza o di tracciabilita', il settore della mobilita', i servizi sociali in house, il telelavoro, la produzione locale di energie pulite, l'intelligence basata sulla consultazione del crowd...
Quanto di tutto questo potrebbe accadere nel 2011? Poco, anzi pochissimo. Ma se a fine anno andremo a fare shopping solo dopo un giro su "Street View" e nella vetrina degli e-shop, e troveremo online le informazioni dei cittadini che si sono gia' orientati nei recessi della burocrazia della PA e le hanno condivise, e ci regoleremo nei nostri spostamenti con i servizi di geolocalizzazione e car-pooling risparmiando cosi' qualche decina di euro a settimana, e le nostre aziende realizzeranno prodotti e servizi che terngono conto delle banche di open data nel frattempo liberati... avremo fatto tutti noi un piccolo passo avanti nella direzione di un grande balzo per l'umanita'. E non stiamo parlando della luna, ma della nostra terra.
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Gino Tocchetti e' fondatore del think tank non convenzionale "Ecosistema 2.0", che focalizza sulla convergenza tra ecosistemi virtuali (internet) e territoriali, realizzando un osservatorio delle iniziative emergenti, eventi di informazione e realizzando servizi sperimentali. E' anche titolare di un proprio studio di consulenza e servizi, focalizzato su progetti di e-business, innovazione tecnologica e di metodo, interim management. (Linkedin, Facebook)
Il mio pensiero quindi non si limita al 2011, e non formula tanto una previsione quanto un auspicio. E dal momento che viviamo in un mondo fortemente interconnesso, non mi concentrero' solo sul settore delle tecnologie digitali: in contraddizione con coloro che credono che l'innovazione sia dettata dalla tecnologia, cerchero' di riconoscere trend economici e sociali piu' generali, e di utilizzare l'emergenza di nuove tecnologie come verifica di quei trend. Faro' quindi riferimento ad una nuova tipologia di "bisogni ecosistemici", che Maslow aveva semplicemente escluso terminando la sua piramide al quinto livello, perche' a quel tempo non c'era sufficiente diffusione di ricchezza, la maggioranza non aveva ancora potuto scalare i primi gradini della piramide, e gli equilibri mondiali erano decisi esclusivamente nelle stanze dei bottoni. Solo oggi questi nuovi bisogni stanno emergendo, e possono e dovranno essere posti a motore dell'economia prossima futura.
Con riferimento alle tecnologie, questi bisogni emergenti hanno determinato il successo delle tecnologie "social" in questi anni, e nell'immediato futuro saranno la spinta per una sempre maggiore diffusione delle tecnologie per l'interconnessione di ecosistemi territoriali, ad incominciare dall'"internet delle cose". Il trend dovrebbe essere: "real life vs internet" > "life streaming on internet" > "living in augmented reality" > new eco living using internet as one of the supporting technologies.
Mi spiego meglio. Che ci sia un radicale cambio di civilta' in atto, qui in occidente, e' indubbio, tant'e' che ancora usiamo l'espressione "post industriale", perche' evidentemente sappiamo solo esprimerci su cosa non c'e' piu'. L'equilibrio precedente dipendeva dalla compresenza nello stesso territorio di un livello minimo di capitale, impianti produttivi e consumatori: quando la produzione ha iniziato ad essere pesantemente delocalizzata, e la crescita delle multinazionali ha trasferito il centro di comando in un iperuranio sovranazionale, sappiamo bene che il meccanismo si e' rotto. Concentrazione, consumo, e individuo sono schemi mentali in declino.
L'avvento dell'"economia della conoscenza", o di altri asset immateriali (dalla capacita' di innovazione alla capacita' di relazione con il crowd), non ha portato ad una nuova fase economica, come il termine suggeriva equivocamente, perche' non puo' esserci una nuova economia di mercato centrata sulla conoscenza, pur essendo la conoscenza fattore chiave in qualunque economia emergente. Siamo infatti convinti che lo sviluppo e l'utilizzo di conoscenza, che l'intelligenza collettiva, che la forza della rete non possano esprimere il proprio potenziale al massimo se non a condizione di essere preservati dalle implicazioni economiche e dalle logiche di business.
Dunque quale modello economico e sociale possiamo augurarci di vedere emergere (qui in occidente, in europa, in italia), a partire dal 2011, almeno a parziale integrazione del precedente, i cui prodromi sono gia' in qualche modo riconoscibili? Un sistema economico profondamente diverso, dove sono indirizzati bisogni della collettivita' prima che individuali (fabbisogno di energie pulite, salvaguardia dell'ambiente, servizi sociali in tutti i campi dalla sanita' alla sicurezza, momenti di socializzazione...). Bisogni che Maslow non aveva previsto, troncando la propria piramide al quinto livello, ancora basato sul "self".
Bisogni che essendo quindi "tipicamente territoriali" non possono che essere realizzati (completati) ed erogati "in loco", garantendo un maggiore equilibrio economico a livello locale. Infatti l'adattamento al contesto locale renderebbe inevitabile l'impiego di competenze e componenti autoctone, sarebbero necessari produttori di componenti e adattaori, e installatori e manutentori, esperti di usi e culture territoriali, tutti rigorosamente "locali". A questi bisogni, infatti, corrisponderebbero nuovi "servizi ecosistemici", e non solo quelli relativi agli ecosistemi ambientali anche se probabilmente analizzabili con analogo approccio. Questi servizi sarebbero resi disponibili da un comparto economico comprendente un indotto di proporzioni potenzialmente gigantesche, e darebbero vita veramente ad una nuova economia, un'"economia di ecosistema".
Naturalmente le tecnologie utilizzate e le metodologie consolidate possono (e devono) essere sviluppate grazie all'intelligenza collettiva globale e all'eccellenza di paesi tecnologicamente avanzati, i quali potrebbero adottare una logica produttiva industriale per l'hardware, e di tipo "opensource" per il software (per esempio l'energia da correnti marine dai paesi baltici, il fotovoltaico di nuova generazione americano, la bioingegneria italiana, i nanomateriali tedeschi, l'elettronica di consumo asiatica, e far girare tutto sul cloud e con l'opensource prodotto in rete...), garantendo contemporaneamente un basso livello dei prezzi dei componenti di primo livello, e possibilita' di investimento in ricerca per le infrastrutture.
E per quanto riguarda gli scenari digitali? la tecnologia utilizzata sara' profondamente cablata nel territorio, e contemporaneamente connessa in rete. Sappiamo che le tecnologie digitali hanno abilitato da tempo lo sviluppo della dimensione del "noi", della relazione, della condivisione, e che dal virtuale si stanno spostando nel reale e locale. Se questa e' la direzione, allora esploderanno presto tutte le tecnologie che vanno oggi sotto il nome di "internet delle cose", e che stanno gia' rendendo possibili radicali trasformazioni di settori quali la domotica, il monitoraggio di cose e persone per motivi di sicurezza o di tracciabilita', il settore della mobilita', i servizi sociali in house, il telelavoro, la produzione locale di energie pulite, l'intelligence basata sulla consultazione del crowd...
Quanto di tutto questo potrebbe accadere nel 2011? Poco, anzi pochissimo. Ma se a fine anno andremo a fare shopping solo dopo un giro su "Street View" e nella vetrina degli e-shop, e troveremo online le informazioni dei cittadini che si sono gia' orientati nei recessi della burocrazia della PA e le hanno condivise, e ci regoleremo nei nostri spostamenti con i servizi di geolocalizzazione e car-pooling risparmiando cosi' qualche decina di euro a settimana, e le nostre aziende realizzeranno prodotti e servizi che terngono conto delle banche di open data nel frattempo liberati... avremo fatto tutti noi un piccolo passo avanti nella direzione di un grande balzo per l'umanita'. E non stiamo parlando della luna, ma della nostra terra.
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Gino Tocchetti e' fondatore del think tank non convenzionale "Ecosistema 2.0", che focalizza sulla convergenza tra ecosistemi virtuali (internet) e territoriali, realizzando un osservatorio delle iniziative emergenti, eventi di informazione e realizzando servizi sperimentali. E' anche titolare di un proprio studio di consulenza e servizi, focalizzato su progetti di e-business, innovazione tecnologica e di metodo, interim management. (Linkedin, Facebook)
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