giovedì 16 dicembre 2010

Macri Puricelli - Dopo Wikileaks. Il giornalismo partecipativo e l' impegno contro il divario digitale

I giornali di carta forse spariranno. O piuttosto troveranno nuove convergenze fra carta, web e multimedia.

Ciò che di sicuro non scomparirà nel 2011 sarà il giornalismo partecipativo
, quel citizien journalism che è molto cresciuto nell'ultimo biennio e la cui potenza è diventata chiara a tutti a fine 2010 con la pubblicazione di documenti riservati da parte di Wikileaks.

Un caso inedito nella storia della stampa: 800 giornalisti non professionisti hanno trasformato questo sito in una fabbrica di scoop. Spiazzando la stampa mondiale. E aprendo al strada alla condivisione delle competenze rispetto alle informazioni.

Ma lo scontro cui abbiamo assistito attorno a Wikileaks e Julian Assange, con le questioni che solleva dal punto di vista dell'informazione, ha basi lontane nel tempo. E' lo sviluppo clamoroso delle prime realtà di web attivismo nel giornalismo.

Uno sviluppo avvenuto nell'ultimo decennio anche grazie alla crescita altrettanto clamorosa della Rete, sia dal punto di vista tecnologico che di utilizzo di massa in cui le politiche dell'accesso (sia di infrastruttura che di alfabetizzazione) giocano un ruolo primario.

Sono le basi di un nuovo giornalismo attraverso la Rete cresciuto alla fine degli anni Novanta con esperienze note come Indymedia o PeaceReporter. Ampliate all'inizio del nuovo millennio con il Citizien Journalism di avventure come Agora Vox e YouReporter. O anche legate al giornalismo tradizionale come IReport della Cnn.

Nel 2011, e negli anni che verranno, il giornalismo d'inchiesta e quello investigativo (anche di carta) potranno trovare nuova forza e nuovi supporti (la Rete, il web, i Social network) sui quali basare le proprie fortune. E nuove forme di collaborazione di cui Wikileaks è solo la straordinaria punta di un iceberg.

Il concetto “liberariamo l'informazione”, nato non certo nelle redazioni, sta travolgend il giornalismo e tutto il mondo dell'informazione. Ma è il presupposto necessario e benvenuto a nuove forme di collaborazione fra chi sta dentro e chi sta fuori delle redazioni. Per il bene dell'informazione.

Nel 2011 non sarà più rinviabile la partita fra giornalisti “tradizionali” e cittadini-testimoni-reporter sul campo Non si potrà evitare di fare i conti con la massa di informazione (buona, cattiva, seria,falsa, documentale) che i cittadini riescono a pubblicare in rete e a diffondere in modo virale attraverso social network e piattaforme blog evolute.

Ma ciò, rileva un'analisi del NiemanLab, è possibile solo pensando storicamente al percorso intrapreso dal giornalismo digitale negli ultimi dieci anni. Un decennio in cui la maggior parte dei giornalisti italiani ha fatto finta di non vedere. Bisognerà comprendere il modo in cui hacker e tecnocrati possono oggi plasmare e indirizzare il flusso di informazioni che arriva ogni giorno sul nostro pc.

Nel 2011, molto più di oggi, quando si cercheranno notizie attraverso un motore di ricerca quelle che arriveranno dalle testate giornalistiche e quelle dei blog avranno pari dignità agli occhi di un lettore.

Soprattutto se esperienze nuove di giornalismo partecipativo in cui giornalisti e cittadini lavorano insieme per un obiettivo comune, un'informazione trasparente e sincera (vedi La Valigia Blu e le manifestazioni romane del 14 dicembre 2010) riusciranno a filtrare, mediare, controllare le fonti, organizzare i contenuti anche attraverso database, infografiche, ipertesti, informazioni georeferenziate. Rendendo più facile il percorso del lettore. Perché sempre di più sarà il lettore a decidere a chi credere. A scegliere dove e come leggere.

Per questa ragione appare sempre più improrogabile un'azione pubblica (ma sarà difficile che ciò avvenga, e non solo per questioni economiche) sull'alfabetizzazione culturale e tecnologica a Internet.

Se non saranno Comuni, Province e Regioni a farsene carico, ci si aspetta un maggiore impegno sul territorio almeno da realtà pubblico-private che sulla tecnologia vivono, come i Parchi scientifici. O da soggetti totalmente privati.

Nel 2011 sarà ancora più chiaro come il divario digitale di oggi (e parlo solo nell'Italia) ponga le basi non solo di nuove povertà, ma anche di monopolio di flusso informativo sia in entrata (chi pubblica informazioni e contenuti) sia in uscita (chi riesce a trovare queste informazioni e utilizzarle).

Sul fronte della stampa, sarà il momento giusto per lavorare con chi sta fuori. Per condividere competenze. Per recuperare notizie dalla Rete. Per produrre informazione di qualità in collaborazione e condivisione con la comunità.

E' quella che Benoit Raphael , co-fondatore del Post francese, chiama la “redazione sociale”. Una nuova avventura per i giornalisti, se ci crederanno e ci investiranno.

Ma, nel 2011 in Italia, la differenza tra un blogger e un giornalista della carta stampata sarà la stessa di oggi: il secondo sarà un professionista pagato e il primo no.

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